Dal saluto romano a Bella Ciao: come Dongo è diventato simbolo culturale nella memoria collettiva
C’è un piccolo angolo d’Italia che, quasi per uno scherzo del destino, continua a rimbalzare tra storia e cultura popolare. Parliamo di Dongo, quel grazioso borgo affacciato sul Lago di Como divenuto tristemente celebre per la cattura e fucilazione di Benito Mussolini e dei gerarchi fascisti il 28 aprile 1945. Questo luogo simbolico della Resistenza italiana ha subito negli anni una trasformazione nell’immaginario collettivo, evolvendosi da semplice teatro di eventi storici a fenomeno culturale contemporaneo.
La recente commemorazione del 27 aprile 2025, durante la quale un centinaio di neofascisti ha reso omaggio ai 15 gerarchi fucilati con saluti romani e rose rosse deposte sul parapetto del lago di Como, ha riacceso i riflettori su Dongo. Simultaneamente, in piazza Giulio Paracchini, protetta da un massiccio schieramento di forze dell’ordine, si è svolta una contromanifestazione antifascista organizzata dall’ANPI, i cui partecipanti hanno risposto intonando “Bella Ciao” al momento della chiamata del “Presente” dei manifestanti neofascisti.
La trasformazione digitale dei simboli storici di Dongo
Il primo fenomeno interessante riguarda la trasformazione dei gesti storici, come il saluto romano, in oggetto di analisi, discussione e talvolta anche di parodia digitale nei social media. Secondo uno studio condotto nel 2023 dall’Osservatorio sui Media Digitali dell’Università di Milano, i video che documentano commemorazioni neofasciste vengono regolarmente riappropriati e decontestualizzati dagli utenti più giovani, che utilizzano linguaggi ironici per svuotarli del loro significato originario.
La ricercatrice Eleonora Mastropietro, autrice dello studio, ha evidenziato come “la Generazione Z utilizza strumenti di contestazione politica che passano attraverso la risignificazione simbolica, creando uno scarto tra l’intento originario e la sua ricezione”. Questo processo, definito dalla professoressa Marianna Boero come “desacralizzazione digitale”, non implica necessariamente una banalizzazione della storia, ma piuttosto un suo inserimento in nuovi contesti comunicativi che rispondono alle logiche delle piattaforme digitali contemporanee.
Dongo tra turismo della memoria e risignificazione culturale
Il secondo aspetto rilevante riguarda la trasformazione di Dongo da luogo puramente storico a destinazione di un turismo culturale più articolato. Secondo i dati forniti dal Museo della Fine della Guerra di Dongo, dal 2020 si è registrato un aumento del 137% di visitatori under 30, attratti dal connubio tra storia e paesaggio. Questa tendenza illustra come i luoghi della memoria fascista stiano diventando oggetto di un turismo critico che combina educazione storica ed esperienza estetica.
La Fondazione Feltrinelli, nel suo rapporto “Memoria e Generazioni” (2024), ha evidenziato come nel 2024 solo il 18% degli under 25 conoscesse il significato storico di Dongo, contro il 63% degli over 60. Il professor Adolfo Mignemi, storico e esperto di iconografia del fascismo, ha sottolineato: “I luoghi come Dongo rappresentano un’opportunità straordinaria per ripensare la didattica della storia. Non possiamo più limitarci a una comunicazione unidirezionale, ma dobbiamo creare esperienze multisensoriali che parlino ai giovani attraverso i loro codici comunicativi”.
“Bella Ciao” e l’evoluzione sonora della memoria resistenziale
Il terzo elemento che contribuisce alla trasformazione culturale di Dongo riguarda la canzone “Bella Ciao” e il suo continuo processo di riattualizzazione. La rilevanza contemporanea di questo canto trova fondamento nella sua genesi storica come inno popolare della Resistenza italiana. Le ricerche dell’Istituto Ernesto de Martino documentavano già nel 1947 l’esistenza di 23 varianti regionali del testo originale, dimostrando la natura evolutiva di questo simbolo sonoro.
Lo storico Luigi Borgomaneri ha documentato come, dalla fine degli anni ’90, il brano abbia subito oltre 480 riarrangiamenti ufficiali, con picchi di popolarità durante le manifestazioni del G8 di Genova e le proteste sociali del 2011. La recente popolarità internazionale ottenuta grazie alla serie “La Casa di Carta” ha ulteriormente ampliato la sua diffusione, facendone un simbolo transnazionale di resistenza.
Come sottolinea la musicologa Stefania Cavallin nel suo libro “Canzoni come bandiere”: “Bella Ciao rappresenta un caso straordinario di resilienza culturale, dove un canto di resistenza riesce a mantenere il suo significato politico originario pur attraversando trasformazioni stilistiche radicali. È la dimostrazione che la memoria sonora può essere più resistente di quella visiva o testuale”.
Memoria contesa e nuove sfide educative
L’evoluzione culturale di Dongo solleva interrogativi importanti sul rapporto tra memoria storica e nuove generazioni. Il vero insegnamento del “caso Dongo” risiede nel dimostrare come i luoghi della memoria fascista stiano diventando laboratori di educazione civica digitale. Come evidenziato in un recente studio dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri (2024), il rischio principale non è tanto la banalizzazione della storia, quanto l’erosione delle coordinate temporali: il 38% degli studenti intervistati nel 2024 collocava erroneamente la fucilazione di Mussolini negli anni ’70.
L’antropologa Patrizia Violi sostiene che “i luoghi della memoria non sono statici, ma evolvono con le società che li interpretano. La sfida contemporanea non è preservarli come santuari intoccabili, ma renderli vivi attraverso nuove pratiche interpretative che mantengano la loro funzione educativa”. Le esperienze del Museo di Dongo dimostrano come l’interazione critica con i social media possa aumentare significativamente la ritenzione delle informazioni storiche tra i visitatori più giovani, con un incremento del 41% nella capacità di ricordare correttamente gli eventi storici tra i visitatori under 25.
I tre volti di Dongo nell’Italia contemporanea
- Un laboratorio di pratiche memoriali contese dove si confrontano visioni antagoniste della storia italiana
- Un caso di studio sulla trasformazione digitale della memoria storica nell’era dei social media
- Un esempio di riappropriazione generazionale dei simboli resistenziali come “Bella Ciao”
Verso una memoria storica partecipativa
Dongo rappresenta un caso emblematico di come i luoghi della memoria storica italiana stiano attraversando processi di risignificazione nell’era digitale. Da teatro della cattura di Mussolini a simbolo conteso tra opposti schieramenti, fino a diventare oggetto di nuove forme di turismo culturale e interpretazione digitale, il piccolo borgo lombardo illustra perfettamente le sfide della trasmissione della memoria nell’Italia contemporanea.
Come ha scritto lo storico Giovanni De Luna: “La memoria non è mai neutra, ma sempre oggetto di contesa. Quello che cambia oggi sono le modalità di questa contesa, sempre più mediate dalle tecnologie digitali e dalle pratiche comunicative delle nuove generazioni”. Il futuro della memoria di Dongo dipenderà dalla capacità delle istituzioni culturali, degli storici e degli educatori di creare ponti significativi tra il passato e il presente, tra la gravità degli eventi storici e i linguaggi contemporanei, senza cedere né alla banalizzazione né alla sacralizzazione acritica degli eventi.
In questa sfida, Dongo non è solo un luogo geografico, ma un laboratorio vivo di pratiche memoriali che potrebbe indicare la strada per un rapporto più consapevole con la storia del fascismo e dell’antifascismo nell’Italia contemporanea, contribuendo a una memoria storica più partecipativa e meno polarizzata.
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